Theory and History of Ontology

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Theory and History of Ontology by Raul Corazzon | e-mail: rc@ontology.co

 

Aristotele, Categorie. Bibliografia degli studi Italiani

Bibliografia

  1. Apelt, Otto. 2020. La dottrina delle categorie di Aristotele. Macerata: Quodlibet.

    A cura e con un saggio di Venanzio Raspa. Traduzione di Italo Cubeddu e Venanzio Raspa.

    "Se alla dottrina aristotelica spetta un qualche duraturo significato filosofico, ossia più che meramente storico, allora essa deve in qualche modo poter essere spiegata e legittimata anche a partire dalla natura e dallo stato della nostra conoscenza. E non crediamo di metterci dalla parte del torto, se abbiamo il coraggio di chiamare in causa le conquiste della più recente filosofia per valutare le concezioni aristoteliche. Una cosa è giudicare un autore antico partendo da nuovi punti di vista, un’altra è attribuirgli qualcosa di nuovo e di estraneo. Rifiutare fin dal principio una valutazione filosofica dell’intera questione, come fa Bonitz a p. 35 (5), significa in sostanza rinunciare a un suo vero apprezzamento. Davvero la filosofia, nel corso dei millenni, non ha conseguito risultati sicuri? Si deve veramente giudicare Aristotele solo a partire da Aristotele e non è possibile farlo diversamente senza diventare ingiusti? Questa per noi moderni sarebbe quasi una dichiarazione di bancarotta. Ma come, se in questo modo non soltanto si comprendesse meglio Aristotele, ma anche lo si giustificasse? E come, se ad esempio proprio Kant ci venisse in soccorso, e se, attraverso il controllo reciproco dell’antico mediante il nuovo e del nuovo mediante l’antico, le concezioni di entrambi trovassero la loro conferma? Vale la pena tentarlo!

    A questo però ci apriamo innanzi tutto una strada interrogando precisamente lo stesso Aristotele sull’intento che egli ha avuto con la sua suddivisione categoriale. Qui naturalmente solo lui ha la parola, qui cioè ci guardiamo nella maniera più rigorosa dall’interferire con recenti concezioni, concedendo piuttosto ad Aristotele di essere il commentatore di sé stesso. Come ho già detto, cercheremmo inutilmente negli scritti di Aristotele specifiche ed esplicite informazioni sull’origine e l’intento di questa dottrina. Tuttavia, egli non ci lascia completamente soli con accenni alla via che ha seguito per arrivare alla sua esposizione. Soprattutto, menziona almeno il campo che ritiene di avere completamente suddiviso con le sue categorie. È possibile che, con una corretta spiegazione dell’idea che sta alla base della suddivisione, si riesca a sollevare in una certa misura il velo dietro il quale si cela il mistero.

    Non è nelle Categorie che dobbiamo cercare questa spiegazione.

    La troviamo in altri scritti, e prima di tutto nella Metafisica. Ma si vedrà che il primo scritto non è in contraddizione con il secondo, soprattutto perché mi sembra che, per il suo contenuto, il trattato sulle categorie sia assolutamente autentico, anche se la forma non può essere attribuita interamente ad Aristotele." (pp. 100-101)

    (5) Cfr. trad. it. Sulle categorie di Aristotele, p. 97.

  2. Belardi, Walter. 1976. "Le Categorie aristoteliche e la cultura linguistica dell’epoca." De Homine no. 57:3-24.

    Ristampato ed ampliato in W. Belardi, Filosofia, grammatica e retorica nel pensiero antico, Roma: Edizioni dell'Ateneo, 1985, capitolo VII, pp. 147-165.

    "Secondo alcuni c'è un argomento filosofico che più di ogni altro sembra implicare uno stretto collegamento tra filosofia e grammatica: le dieci categorie aristoteliche. Poiché Aristotele non ci informa sulla via da lui percorsa per arrivare alla individuazione e alla definizione delle dette categorie, la critica ha supposto in alternativa tre possibili diverse genesi: logica, grammaticale, ontologica. Secondo la prima ipotesi le categorie rifletterebbero universali logici, colti direttamente dal pensiero speculativo di Aristotele, ispirato, in parte, da riflessioni di predecessori; per la seconda, invece, le categorie sarebbero una trasposizione sul piano logico dei fondamentali valori formalizzati, cioè grammaticali, propri della lingua greca antica; secondo la terza ipotesi, le categorie sarebbero dei πρώτα metafisici necessari per pensare la sostanza nei suoi aspetti. In genere, la prima ipotesi non tiene conto del fatto che le categorie - come dice lo stesso Aristotele in 1 b 25 - si colgono attraverso la considerazione di «dicibili», con i quali si costruisce il discorso. La seconda ipotesi - riproposta di recente da E. Benveniste - è programmaticamente riduttiva nel ricondurre le categorie aristoteliche a fatti e classi grammaticali; la terza, nella considerazione dell'essere circoscritto tnscura il fatto che la pensabilità si attua passando attraverso i «significati» ai quali Aristotele si riferisce più volte nella Metafisica. L'origine logica - cosl autorevolmente sostenuta soprattutto da O. Apelt(1) - sarebbe dimostrata dall'essere le categorie dotate di « logische Bedeutung »; ma c'è da chiedersi di che tipo sia la logicità che inerisce a predicati come «giace » o « è armato », esempi della settima e dell'ottava categoria. L'origine « ontologica metafisica », riproposta da G. Reale(2), sembrerebbe indubitabile, solo nella misura, però, in cui il discorso si sposta, illegittimamente, dal predicabile all'oggetto di cui si predica, altrimenti l'ontologismo delle categorie si riduce al solo fatto che virtualmente la categoria ha una riferibilità ontologica, come altre espressioni semantiche per lingua. Per quanto i fautori più accorti della seconda ipotesi pensino che l'operazione di trasposizione non sia stata preceduta e accompagnata da consapevolezza critica, la seconda ipotesi reclama di necessità che si ammetta la presenza in Aristotele di una sensibilità per i valori linguistici assai accentuata anche se inconscia, e sviluppata al punto da cogliere nella lingua greca tutti quei valori grammaticali che poi nell'Organon ci vengono presentati come « categorie logiche »." (pp. 147-148 della ristampa)

    (1) O. Apelt, Kategorienlehre des Aristoteles, in Beitrage zur Geschichte der Griechischen Philosophie, Leipzig 1891.

    (2) G. Reale, Filo grasmmaticale e filo conduttore ontologico nella deuzione delle categorie aristoteliche, in « Riv. di filosofia neoscolastica » 49 (1957), pp. 423-458. 1l fatto che le categorie riguardino l'ὅν non basta a farle essere ontologiche.

  3. Benveniste, Émile. 1971. "Categorie di pensiero e categorie di lingua." In Problemi di linguistica generale, 79-92. Milano: Il Saggiatore.

    "Con questa tavola delle « categorie » Aristotele intendeva passare in rassegna tutti i possibili predicati della proposizione, a condizione che ciascun termine fosse significante da solo, non inserito in una συμπλοκή, noi diremmo in un sintagma. Inconsciamente ha seguito come criterio la necessità empirica di una espressione distinta per ciascun predicato. Era quindi destinato a ritrovare, senza volerlo, le distinzioni che la lingua stessa rende evidenti fra le principali classi di forme, dato che è per le loro differenze che tali forme e tali classi hanno un significato linguistico. Aristotele credeva di definire gli attributi degli oggetti, mentre non enuncia che degli enti linguistici: è la lingua che, grazie alle proprie categorie, permette di riconoscerli e di specificarli. Abbiamo cosi una risposta alla domanda formulata all’inizio e che ci ha condotti a fare questa analisi. Ci domandavamo di che natura fossero le relazioni fra categorie di pensiero e categorie di lingua. Nella misura in cui vi si riconosca una validità, per il pensiero, le categorie di Aristotele si rivelano come la trasposizione delle categorie di lingua. È ciò che si può dire che delimita e organizza ciò che si può pensare. La lingua fornisce la configurazione fondamentale delle proprietà che la mente riconosce alle cose. Questa tavola dei predicati ci informa dunque prima di tutto sulla struttura delle classi di una particolare lingua. Ne consugue che quanto Aristotele ci dà come un quadro di condizioni generali e permaneti non è che la proiezione concettuale di una data situazione linguistica. Si può anzi estendere questa osservazione. Al di là dei termini aristotelici, al di sopra di questa categorizzazione, si spiega l’idea di «essere» che racchiude tutto. Pur senza essere un predicato, l’« essere » è la condizione di tutti i predicati. Tutte le varietà dell’« essere in un certo modo », dello « stato », tutte le idee possibili del « tempo », e cosi via, dipendono dalla nozione di « essere ». Anche qui, questo concetto riflette una proprietà linguistica molto specifica. Il greco non soltanto possiede un verbo « essere » (cosa che non è affatto una necessità di ogni lingua), ma ne fa degli usi del tutto singolari. Gli fa svolgere una funzione logica, quella di copula (Aristotele stesso già osservava che in tale funzione il verbo non ha un significato proprio, ma opera soltanto una synthesis), e ha perciò avuto un’estensione maggiore di qualsiasi altro." (pp. 86-87)

  4. Bernardini, Marina. 2009. "Modulazioni della sostanza aristotelica nelle Categorie." In La filosofia come servizio. Studi in onore di Giovanni Ferretti, edited by Mancini, R and Migliori, Maurizio, 144-164. Milano: Vita e Pensiero.

  5. ———. 2016. "Saggio introduttivo alle Categorie." In Aristotele. Organon, edited by Migliori, Maurizio, 7-52. Milano: Bompiani.

    "L'unità che le Categorie formano con le altre opere logiche di Aristotele e, dunque, .l'unità dello studio del linguaggio e del sillogismo appaiono, in realtà, molto più forti nell'interpretazione stoica che nello stesso Aristotele. Bodéüs ha sottolineato come, diversamente dall'impianto stoico della logica - in cui i ragionamenti complessi possono essere scomposti in proposizioni complesse, e queste, a loro volta, in proposizioni semplici e in ulteriori elementi -, la teoria del sillogismo formale, in Aristotele, non necessita di uno studio preliminare delle premesse, in quanto i sillogismi vengono definiti dalla posizione relativa dei termini contenuti nelle premesse e simboleggiati da lettere.(9)

    (9) Cfr. Bodéüs Aristote, Catégories ... , pp. XIX-XX.

  6. Bonelli, Maddalena, and Guadalupe Masi, Francesca, eds. 2011. Studi sulle Categorie di Aristotele. Amsterdam: Adolf M. Hakkert.

    Maddalena Bonelli e Francesca Guadalupe Masi: Prefazione 11;

    Prima Parte: Introduzione.

    Carlo Natali: Struttura e organizzazione del trattato aristotelico detto Categorie 17;

    Seconda parte: Saggi di analisi e commento.

    Paolo Fait: Aristotele, Categorie, 1. Omonimi, sinonimi, paronimi 33; Barbara Botter: Aristotele, Categorie, 2. Individuo e individuazione 51; Barbara Botter: Aristotele, Categorie, 3. La predicazione delle differenze 77; Carlo Natali: Aristotele, Categorie, 4. La lista delle categorie 89; Francesca Guadalupe Masi: Aristotele, Categorie, 5, 2a11-3a6. Sostanza prima e sostanze seconde 95; Stefano Maso: Aristotele, Categorie, 5, 3a7-4b19. Sostanza, differenza, contrari 113; Elisabetta Cattanei: Aristotele, Categorie, 6, 4b20-5b10. Le quantità in senso proprio 135; Francesca Guadalupe Masi: Aristotele, Categorie, 6, 5b11-6a35. Le caratteristiche della quantità 157; Maddalena Bonelli: Aristotele, Categorie, 7, 6a36-7b14. La prima definizione dei relativi e alcune loro proprietà 173; Diego Zucca: Aristotele, Categorie, 7, 7b15-8b24. Lo status aporetico dei relativi 191; Cristina Viano: Aristotele, Categorie, 8, 8b25-10a10. Stati e disposizioni, capacità e incapacità naturali, qualità affettive e affezioni 213; Stefano Maso: Aristotele, Categorie, 8, 10a11-11a39. Forma, qualità, relativi 229; Carlo Natali: Aristotele, Categorie, 9. Fare, subire e le altre categorie 245; Cristina Rossitto: Aristotele, Categorie, 10. Gli ‘opposti’ e la loro classificazione 249; Cristina Rossitto: Aristotele, Categorie, 11. La contrarietà 265; Lisa Bressan: Aristotele, Categorie, 12. I significati di ‘anteriore’ 289; Lisa Bressan: Aristotele, Categorie, 13. I significati di ‘simultaneità’ 305; Rita Salis: Aristotele, Categorie, 14. Il movimento e le sue specie 315; Rita Salis: Aristotele, Categorie, 15. La categoria dell’ ‘avere’ 327;

    Terza parte: Saggi critici.

    Jonathan Barnes: Aristotelian quantities 337; Walter Cavini: Vero e falso nelle Categorie 371;

    Indici 407.

    "Il volume si articola in tre parti. La prima parte contiene un saggio introduttivo curato da Carlo Natali sul tema e la struttura delle Categorie.

    La seconda parte riporta i saggi di analisi e commento ai diversi capitoli dell’opera, curati da Maddalena Bonelli, Barbara Botter, Lisa Bressan, Elisabetta Cattanei, Paolo Fait, Francesca Masi, Stefano Maso, Carlo Natali, Cristina Rossitto, Rita Salis, Cristina Viano, Diego Zucca. La divisione dei saggi, da un lato, riflette la divisione degli argomenti adottata durante il seminario, dall’altro, rispecchia l’esigenza di suddividere la tematica in unità più brevi e più adatte alla segmentazione e ai tempi delle lezioni o delle sessioni dei seminari universitari. In molti casi, perciò, uno stesso capitolo è stato suddiviso in due parti e affidato all’analisi di più studiosi. Ogni contributo, inoltre, è pensato per introdurre il lettore alle principali problematiche affrontate da Aristotele in ciascun capitolo dell’opera e per orientarlo nelle diverse posizioni e soluzioni critiche che si sono presentate sia nella tradizione esegetica antica che in quella moderna e contemporanea. Abbiamo lasciato che ogni autore interpretasse liberamente questa indicazione. Ne è risultata, tuttavia, con nostra soddisfazione, un’impostazione tutto sommato omogenea. I saggi dedicati ai primi nove capitoli dell’opera riportano una traduzione, per quanto possibile originale, del passo esaminato, un’analisi e una divisione degli argomenti trattati nella porzione di testo considerata, un esame puntuale del testo in forma, per lo più, di commento continuo. I saggi dedicati ai Postpraedicamenta, data la loro tematica e la loro articolazione interna del tutto peculiari, sono stati pensati diversamente dagli altri, vale a dire non come un commento continuo, bensì come un’esposizione complessiva del tema affrontato e della sua funzione nel contesto complessivo dell’opera.

    La terza parte è occupata da due articoli di approfondimento rispettivamente scritti da Jonathan Barnes e Walter Cavini e dedicati l’uno ad una riflessione teorica più generale sulla categoria della quantità e l’altro sulle nozioni di vero e falso nelle Categorie.

    Seguono ai contributi critici gli indici. Per quanto riguarda quest’ultimi, abbiamo optato per una soluzione il più possibile agile e minimale. L’indice analitico, in particolare, riporta solo le nozioni intorno a cui ruotano i saggi. L’indice delle fonti registra i passi tratti da opere diverse dalle Categorie effettivamente commentati e/o citati, nonché i passi delle Categorie discussi e citati nei saggi di Natali, Cavini e Barnes." (p. 13)

  7. Bonitz, Hermann. 1995. Sulle categorie di Aristotele. Milano: Vita e Pensiero.

    Traduzione italiana di Über die Kategorien des Aristoteles (1853).

    Prefazione (7-9), introduzione (13-31), Nota bio-bibliografica (33-43), di Giovanni Reale; traduzione e indici di Vincenzo Cicero.

    "Bonitz ha scritto questo saggio che presento nel 1853, come ho già detto, proprio in polemica con Trendelenburg, rilanciando in modo massiccio la prima delle tesi sopra elencate (le categorie come figure dell’essere), cercando di darle una ben precisa coerenza e consistenza.

    (...)

    In questo saggio sulle categorie, Bonitz, seguendo un criterio metodologicamente assai corretto, non parte dalla discussione della tesi di Trendelenburg, che intende confutare, ma fa questo nella seconda parte, dopo aver stabilito, mediante una accurata analisi dei testi, quale sia il vero e proprio significato delle categorie e quale sia stata la via percorsa da Aristotele per stabilire la tavola di esse.

    In particolare, Bonitz vorrebbe, nella misura del possibile, rileggere e interpretare la problematica delle categorie aristoteliche senza lasciarsi condizionare dagli influssi dei vari ripensamenti teoretici delle medesime (errori in cui non pochi studiosi sono caduti), e quindi accertare in modo preciso quanto segue: la questione più importante è la seguente: quale significato aveva la dottrina in questione per lo stesso Aristotele, e in quale rapporto sta con l’impalcatura globale del suo pensiero? Solo a partire da questa domanda, infatti, sarà possibile misurare interamente l’ampiezza delle trasformazioni e delle evoluzioni che le singole dottrine hanno subito nelle fasi successive»(7).

    Ecco, allora, le due domande di fondo che Bonitz si pone: in primo luogo, bisogna stabilire quale sia oggettivamente il significato che le categorie di Aristotele assumono nei suoi testi; in secondo luogo, bisogna cercare di stabilire quale sia stata la via percorsa da Aristotele per giungere alla scoperta delle categorie.

    Per rispondere in maniera metodologicamente corretta a tali domande, dal momento che Aristotele non presenta nei suoi scritti una precisa definizione del concetto di «categoria», Bonitz nella prima parte del suo saggio(8) inizia con l’esame dettagliato di alcuni passi-chiave nei quali Aristotele nel discutere problemi di vario genere fa uso del concetto di «categoria», per giungere a una serie di chiarificazioni intorno a tutti i termini usati dallo Stagirita in connessione con tale concetto.

    Nella seconda parte del saggio(9), Bonitz cerca di ripercorrere, come ho già detto, quella via seguendo la quale Aristotele è pervenuto alla dottrina delle categorie, ed è proprio nel corso di questa parte che egli ingaggia una serrata polemica con la tesi di Trendelenburg." (Giovanni Reale, p. 15)

    (7) Infra, pp. 49-50.

    (8) Dal titolo II significato che le categorie assumono per Aristotele, cfr. infra, pp. 9-93.

    (9) Dal titolo La via percorsa da Aristotele per stabilire le categorie, cfr. infra, pp. 95-127.

  8. Botter, Barbara. 2010. "La predicazione delle differenze nelle Categorie di Aristotele." Journal of Ancient Philosophy no. 1:1-18.

    Abstract: "In chapter 3 of the Categories Aristotle introduces a principle that is widely taken to assert the transitivity of the said-of relation. In this paper we shall show than something different may be going on in the transitivity principle that straightforward invocation of the transitivity of the said-of relation."

  9. Brentano, Franz. 1995. Sui molteplici significati dell'essere secondo Aristotele. Milano: Vita e Pensiero.

    Traduzione italiana di Von der mannigfachen Bedeutung des Seienden nach Aristoteles (1862).

    Prefazione, introduzione, traduzione dei testi greci, progettazione e impostazione editoriale di Giovanni Reale; traduzione del testo tedesco e indici di Stefano Tognoli.

    Indice: Prefazione di G. Reale IX; Saggio introduttiv:o di G. Reale XIII; Note al Saggio introduttivo LVII; Nota bibliografica LXV-LXXIII;

    Sui molteplici significati dell'essere secondo Aristotele Premessa 5; Introduzione 7; Note all'introduzione 9; I. L'essere è un omonimo: la molteplicità dei suoi significati si ordina nella quadruplice distinzione dell'essere per accidente, dell'essere come vero,

    dell"essere delle categorie e delr essere in potenza e in atto 13; Note al capitolo primo 17; Il. L'essere per accidente 19; Note al capitolo secondo 29; IlI. L'essere nel significato di vero 35; Note al capitolo terzo 47; IV. L'essere in potenza e in atto 55; Note al capitolo quarto 79; V. L'essere secondo le figure delle categorie 91; Note al capitolo quinto 195-243.

    "Abbiamo conosciuto l'essere in tre significati, ma, ciononostante, la parte più difficile del nostro lavoro non è stata ancora compiuta. Più importante di tutti, infatti, è quel quarto significato dell'essere che viene indicato più esattamentte come l'essere secondo le figure delle categorie (κατὰ τὰ σχήματα τῶν κατηγοριῶν Metaph.; Θ 10, 1051 a 34). Vedremo in dettaglio che esso stesso comprende, a sua volta, una grande molteplicità di significati, e che si rivelerà, per questo, ai fini della nostra trattazione, tanto fecondo di risultati quanto irto di difficoltà. Comunque troveremo qui un aiuto di non poco conto nei lavori di moderni ricercatori e soprattutto nel meritevole scritto di Trendelenburg (Storia della dottrina delle categorie) a cui va la nostra piena gratitudine. Alle sue approfondite spiegazioni rinvieremo spesso, quando non riterremo opportuno proseguire oltre una questione che ci condurrebbe troppo lontano." (p. 91)

  10. Cavini, Walter. 1979. "Categorie e predicazione in Aristotele." Annali dell'Istituto di Filosofia - Università di Firenze no. 1:1-16.

    "Le Categorie aristoteliche contengono sia una teoria della predicazione ( e dei tipi di enti possibili) o Antepraedicamenta ( capp. 1-3), sia una teoria dei Praedicamenta o categorie dell'essere (capp. 4-9), che insieme formano il nodo essenziale di logica e metafisica, teoria del discorso apofantico e filosofia prima, caratteristico di tutto il pensiero aristotelico; nodo che nei Postpraedicamenta (capp. 10-15) viene a includere, in particolare con la nozione di' mutamento' (κίνησις), anche i principi della :fisica o filosofia seconda.

    (...)

    Si tratta dunque di delineare tali rapporti fra predicazione, categorie e copula in Aristotele." (pp. 1-3, note omesse)

  11. ———. 2011. "Un nuovo papiro delle «Categorie». PHarris I 2 e Arist. Cat. 10." In Papiri filosofici. Miscellanea di studi VI, 241-251. Firenze: Olschki.

    "Quando nel 1936 Enoch Powell pubblicò P.Harris i 2 in The Rendel Harris Papyri of Woodbroke College di Birmingham, ritenne evidente che i frammenti di testo contenuti nelle due colonne superstiti derivassero da un trattato di retorica («evidently from a treatise on rhetoric») e li considerò parte di una definizione dei termini ἀπόφασις e κατάφασις, suggerendo come modello quella datane da Aristotele in Int. 6, 17a25-37." (p. 241)

    "In conclusione, nessuna delle tesi enunciate inizialmente da Enoch Powell si è rivelata sostenibile. il papiro, come già avevano visto Kapp, Snell e Körte, non contiene un trattato di retorica, ma uno scritto di logica; non riguarda la definizione di affermazione e negazione, ma quella di affermazione e negazione opposte; infine, il testo a cui riferirsi non è il De interpretatione di Aristotele, ma le Categorie, dove l’affermazione e negazione opposte sono definite per esemplificazione tramite gli enunciati aperti ‘x è seduto’ e ‘x non è seduto’." (p. 251)

  12. ———. 2011. "Vero e falso nelle Categorie di Aristotele." In Studi sulle Categorie di Aristotele, edited by Bonelli, Maddalena and Guadalupe Masi, Francesca, 371-406. Amsterdam: Adolf M. Hakkert.

    "Nelle Categorie aristoteliche non compaiono mai i sostantivi ‘verità’ (ἀλήθεια) e ‘falsità’ (ψεῦδος), ma sempre gli aggettivi corrispondenti ‘vero’ (ἀληθής) e ‘falso’ (ψευδής o ψεῦδος usato come aggettivo) applicati agli enunciati dichiarativi (λόγοι) e alle credenze (δόξαι) che essi esprimono. Questo lavoro vuole essere una lettura mirata del testo aristotelico alla luce dei predicati semantici ‘vero’ e ‘falso’ allo scopo di delineare la teoria della verità e falsità soggiacente all’uso di tali aggettivi. La coppia di antonimi ‘vero’/‘falso’ ricorre nel testo aristotelico sia come coppia disgiuntiva ‘vero o falso’ sia come coppia congiuntiva ‘vero e falso’. Nel § 1 esamino il significato della coppia disgiuntiva ‘vero o falso’ sia applicata al singolo enunciato sia applicata alla coppia di enunciati contraddittori. Nel primo caso la coppia disgiuntiva ha valore disgiuntivo: ogni enunciato dichiarativo è vero o falso (Principio di Bivalenza); nel secondo caso invece ha valore distributivo: ogni affermazione e negazione opposte sono l’una vera l’altra falsa (Regola delle Coppie Contraddittorie). Nel § 2 esamino il significato che la coppia congiuntiva ‘vero e falso’ assume alla fine di Categorie 5, cioè quello di ora vero ora falso, in relazione al problema della variazione diacronica dei valori di verità degli enunciati e delle credenze, e del mero cambiamento à la Cambridge cui sono soggetti rispetto al cambiamento reale cui è soggetta la sostanza. Nel § 3, infine, esamino un passo di Categorie 12 in cui Aristotele enuncia sia i principi di discesa e ascesa semantiche (da essere vero a essere e da essere a essere vero), sia il principio di priorità causale di essere o non essere rispetto a essere vero o falso. La tesi che intendo sostenere è che vero e falso nelle Categorie, e in generale nel pensiero aristotelico, sono da considerarsi non proprietà ontiche o reali, ma proprietà logiche genuine degli enunciati e delle credenze che essi esprimono." (pp. 371-372, note omesse)

  13. Cicero, Vincenzo. 1994. "L'interpretazione linguistica delle categorie aristoteliche in E. Benveniste." In Adolf Trendelenburg. La dottrina delle categorie in Aristotele, 285-353. Milano: Vita e Pensiero.

    "Il problema moderno del filo conduttore grammaticale nell'interpretazione delle categorie di Aristotele.

    Friedrich Adolf Tredelenburg è stato il primo studioso a tematizzare in modo esplicito la possibilità che lo schema categoriale di Aristotele fosse il risultato di una deduzione sistematica condotta a partire da un principio ben definito. In particolare, la sua tesi per cui a far da guida nella costruzione di questo schema sarebbe stato, almeno in un primo momento, un filo conduttore grammaticale, ha costituito nel corso della seconda metà del XIX secolo un punto di riferimento imprescindibile, sebbene quasi sempre polemico, per tutti coloro che hanno rivendicato la presenza di un'impalcatura quanto meno organica nella dottrina delle categorie di Aristotele.(1)" (p. 287)

    (...)

    "È un fatto, però, che l'esito delle ricerche di Trendelenburg sia stato inequivocamente aporetico. Esso potrebbe riassumersi nel modo seguente: Aristotele sembra aver scoperto le categorie, in quanto predicati supremi, seguendo un filo conduttore grammaticale (un proteron pros hemas), cioè la scomposizione della proposizione, e precisamente l'analisi dell'espressione e della forma del giudizio; le categorie, però, hanno anche un significato «reale», ontologico, e perciò in diversi luoghi delle opere aristoteliche il fondamento generativo, ciò che è anteriore per natura (il proteron tei physei), è apparso come il vero punto di vista della classificazione; in conclusione, «alla questione, posta in termini aristotelici: in che misura questo "primo per noi" (proteron pros hemas) coincide con il "primo per natura" (proteron tei physei), ovvero in che senso se ne distingue?, non riceviamo alcuna risposta».(10)" (pp. 289-290)

    (...)

    "La nostra trattazione si propone piuttosto di collocare una volta per tutte il problema del filo conduttore grammaticale nella sua giusta dimensione speculativa, e in questo senso sarà dedicata prevalentemente ad un confronto diretto con le critiche «radicali» che Benveniste, prendendo lo spunto dalle categorie aristoteliche, ha mosso al pensiero filosofico in generale." (p. 292)

    (1) Cfr. l'elenco bibliografico riportato nel Saggio introduttivo di G. Reale, supra, p. 19, n. 7.

    (10) Trendelenburg, La dottrina..., supra, p. 270.

  14. Cubeddu, Italo. 2006. "La deduzione aristotelica delle categorie." In Le ragioni del conoscere e dell’agire. Scritti in onore di Rosaria Egidi, edited by Calcaterra, Rosa M., 69-81. Milano: FrancoAngeli.

  15. Esposti Ongaro, Michele. 2005. "Dialettica e grammatica nella dottrina delle categorie di Aristotele." Elenchos.Rivista di Studi sul Pensiero Antico no. 26:33-64.

    "Una tradizione storiografica assai antica ha interpretato le Categorie di Aristotele come un’analisi logica dei concetti del giudizio, e dunque come un’opera propedeutica al De interpretatione e agli Analitici, dedicati, rispettivamente, alla trattazione della proposizione e a quella del sillogismo.

    Nella recente edizione francese dell’opera(1), il curatore R. Bodéüs, oltre a rivedere il testo stesso e i criteri che avevano presieduto alle edizioni precedenti, ha chiarito definitivamente l’arbitrarietà di tale collocazione e il carattere artificioso del sistema dottrinale costituito dall’Organon: l’ordinamento delle opere aristoteliche, stabilito da Andronico di Rodi nel I secolo a.C., sarebbe stato accettato successivamente dai filosofi neoplatonici al fine di creare un impianto logico in parte simile a quello della dottrina stoica, e ad esso rivale." (p. 33)

    "L’aspetto prettamente filologico dello studio di Bodéüs sembra difficilmente contestabile, e non intendo metterne in discussione né il metodo né le conclusioni: ma tale aspetto concerne esclusivamente

    la collocazione dottrinale e il titolo dell’opera(13). Le altre conclusioni chiamano invece in causa specifiche opzioni ermeneutiche, che rivelano a mio avviso elementi di debolezza. Ritengo infatti che proprio l’ipotesi della continuità tra Topici e Categorie dovrebbe condurre a un esame critico del concetto di categoria, un esame che prenda in considerazione non solo il significato del concetto, ma anche la funzione della tavola delle categorie nella filosofia aristotelica e, soprattutto, il problema della deduzione della tavola delle categorie. L’analisi di questi tre aspetti consente a mio avviso di convalidare l’ipotesi di una matrice linguistico-dialettica dello scritto, sancendone al contempo il carattere autenticamente aristotelico.

    E tale matrice deve essere a sua volta posta in connessione con l’ipotesi, che costituisce l’oggetto principale della presente indagine, secondo la quale la deduzione della tavola delle categorie ha seguito un filo conduttore di tipo grammaticale." (pp. 36-37)

    (1) R. Bodéus (ed.), Aristote. Catégories, texte établi et traduit (“Collection des Universités de France”), Paris 2001.

    (13) tal proposito si veda anche M. Frede, The Title, Unity, and Authenticity of the Aristotelian ‘Categories’, in Essays in Ancient Philosophy, Oxford 1987, pp. 11-28.

  16. Fait, Paolo. 2004. "La predicazione linguistica nelle Categorie di Aristotele." Rivista di Estetica no. 44:23-36.

    Abstract: "The paper deals with the relations of being said of and being in which are indirectly introduced in Aristotle's' Categories. Is Aristotle distinguishing two kinds of ontological predication, corresponding respectively to essential predication and accidental predication, or not? Unlike many interpreters who answer this question in the affirmative, I deny being in to be a kind of predication at all. My aim is to show that in the few passages of the Categories in which Aristotle has recourse to a generic concept of predication, covering both essential and accidental predication, what he has in mind is just linguistic predication. The problem with linguistic predications, however, is that sometimes they do not mirror their ontological underpinnings, thereby misleading people into such absurd positions as that held by the "late-learners" depicted in Plato's Sophist."

  17. Lugarini, Leo. 1955. "Il problema delle categorie in Aristotele." Acme.Annali della Facolta di Filosofia e Lettere dell'Universita di Milano no. 8:3-107.

    Ristampato in volume, Milano: Nuvoletti, 1955.

  18. Maso, Stefano. 2008. "Come determinare la sostanza? Aristotele, 'Categorie' 5." Lexis no. 26:185-200.

    "È noto a tutti gli studiosi di Aristotele che, intorno all’individuazione e alla definizione della sostanza, si gioca gran parte dell’ontologia aristotelica. Lo Stagirita affronta il problema a più riprese, in particolare nel capitolo V delle Categorie e nel libro VII della Metafisica. Si tratta di due opere molto diverse quanto a concezione, storia e tradizione. La prima, insieme ai Topici, è oggi pressoché concordemente riconosciuta autentica e ritenuta uno tra i primi lavori del filosofo (almeno tra quelli pervenutici), destinata a essere messa a disposizione dei discepoli per le indagini di fisica e metafisica.

    Appartenenti all’Organon, le Categorie infatti esibiscono immediatamente il loro carattere logico-linguistico, strumentale alla determinazione di ciò di cui ci si occupa allorché si fa filosofia e, insieme, all’analisi del linguaggio che tale ricerca e tale determinazione consente." (p. 185, note omesse)

  19. Melandri, Enzo. 2017. Alcune note in margine all' Organon aristotelico. Macerata: Quodlibet.

    Settima nota. Sulle categorie, 45-57; Ottava nota. Sul problema delle categorie 59-69.

    "Precisazione terminologica - La parola " categoria" (latino medievale praedicamentum) deriva da "kategorein " _(accusare, giudicare, asserire) e quindi dovrebbe significare semplicemente "predicato", nel senso verbale di participio passato (ciò che è giudicato vero, valido ecc.). In realtà la parola e i suoi derivati ("categorico", "categoriale"), in senso tecnico, assumono tre diversi significati:

    (i) Quanto alla forma della predicazione, una proposizione o un giudizio si dicono " categorici" quando presentano la struttura soggetto-predicato, con qualità positiva o negativa della copula ("è" oppure "non è") e quantità universale o particolare del termine soggetto (''tutti" oppure " non-tutti"). In questo senso si parla anche di forma "categoriale" del giudizio.

    (ii) Quanto alla modalità dell'asserzione, una proposizione o un giudizio si dicono " categorici" quando asseriscono l'esistenza o la non esistenza di qualcosa, cioè quando valgono quali "verità di fatto",indubitabili ma contingenti, ossia non necessarie e non impossibili.

    (La modalità assertoria comprende il "vero" e il "falso"; le altre modalità, quelle così dette in senso stretto, sono il "possibile" e !"'impossibile", il "necessario" e il "non-necessario"). In questo senso si suole contrapporre alla modalità "categorica" (il vero o il falso) del giudizio la modalità "precategoriale" (o "antepredicativa") del concetto, con riferimento al suo non essere né vero né falso.

    (iii) Quanto alla generalità del predicato, si dicono " categorie" i generi sommi. A questo riguardo, sarebbe bene evitare (per le ragioni di cui si veda la nota successiva) di chiamare "categorie" quei concetti fondamentali che (come per esempio l"' essere") non si predicano in forma categoriale." (p. 50)

  20. Natali, Carlo. 2011. "Struttura e organizzazione del trattato aristotelico detto Categorie." In Studi sulle Categorie di Aristotele, edited by Bonelli, Maddalena and Guadalupe Masi, Francesca, 17-30. Amsterdam: Adolf M. Hakkert.

    "A conclusione di questo percorso, rispetto alla divisione tradizionale delle Categorie in Prepraedicamenta (capitoli 1-3), Praedicamenta (capitoli 4-9) e Postpraedicamenta (capitoli 10-15)15, noi vorremmo proporre alcune modifiche. Le Categorie ci paiono composte di tre blocchi, ma diversi tra loro, e dalla divisione tradizionale, sia per estensione sia per struttura. I tre blocchi costitutivi ci paiono essere (1) Categorie 2-9, (2) Categorie 10-15, (3) Categorie 1.

    Il blocco (1) mostra un filo conduttore lineare e coerente, inizia con un’affermazione universale e poi la sviluppa nei dettagli, come tante altre opere di Aristotele. Nella nostra analisi la svolta concettuale più importante si situa a metà del capitolo 2, e questo potrebbe sembrare strano, ma va ricordato che la divisione in capitoli non è aristotelica e ad essa non va data eccessiva importanza. Il blocco (2) è un insieme di capitoli distinti, accomunati dall’essere tutti analisi della molteplicità dell’uso di termini o di specie di un genere. Esso somiglia alle analisi della seconda parte del blocco (1), capitoli da 5 a 8, perché, come in quella sezione, anche qui si studiano i molti sensi dei termini e degli enti. Il blocco (3) analizza alcune distinzioni tra i modi di dire un termine non univoco, utili sia alle discussioni del blocco (1) sia alle discussioni del blocco (2), e richiamate qua e là in essi. In modo poco felice gli editori più antichi hanno pensato di porre questo blocco alla testa degli altri due. Lasciamo da parte qui la questione della seconda versione delle Categorie, prima citata, che, modificando il testo, cerca di dare ragione del perché il blocco (3) sia stato posto all’inizio dell’opera. Essa comunque attesta che un certo disagio per l’ordinamento dello scritto venne percepito già in epoca molto antica." (p. 27)

  21. Negro, Camillo. 1960. "Note per una definizione del concetto di categoria in Aristotele, Cat . 1-5." In Miscellanea Adriano Gazzana. Vol. II, 5-22. Milano: Marzorati.

  22. Palù, Chiara. 2000. "Le definizioni dei relativi nelle Categorie di Aristotele: una risposta a David Sedley." Diánoia no. 5:39-55.

    "This paper analyzes the two definitions of relatives in chapter 7 of Aristotle's Categories starting from David Sedley's recent article on this topic. In particular, using Simplicius's Commentary, I suggest some new arguments for Sedley's emendation at 8b18, which make it possible to read the expression 'aute e kephale' in the sense of the head in itself (a substance) in opposition to the head as a part of the body ('per accidens'). The consequence of this interpretation is that it changes the meaning of the second definition of relatives, making it able to distinguish between what is a relative as such and what is a relative accidentally."

  23. Ragnisco, Pietro. 1871. Storia critica delle categorie, dai primordi della filosofia greca sino ad Hegel. Firenze: Cellini.

    Due volumi.

    "Noi esponghiamo la. dottrina delle categorie di Platone non nel senso logico o formale, ma nel terreno della dialettica reale, perchè reale è appunto il valore della logica platonica. Le categorie poi di Aristotele meritano un particolare esame intorno al valore non solo formale, ma specialmente metafisico di che la nostra storia soprattutto deve tener conto: lo che sarà chiaro quando avremo dimostrato come la logica è inspirata sopra i principii della metafisica. Finalmente le categorie degli stoici saranno ancora esaminate nel valore logico e reale: e si dimostrerà come la dottrina delle categorie perdeva nella scienza il suo interesse a misura che la scienza stessa-non era animata .da nuovi principii.

    Tutto ciò formerà l'argomento del primo libro della storia delle categorie : esso mostrerà come sia nata la dottrina delle categorie, come sf sia elevata a poco a poco al più alto apogeo in Platone ed in Aristotele, e come sia decaduta dalla metafisica nella grammatica. La dottrina delle categorie nella filosofia greca è di sommo rilievo, e noi abbiamo fatto particolari e diligenti investigazioni per mostrare come in essa

    si contenga il fiore dell'ellenico sapere.

    Il secondo libro contiene la storia delle categorie platoniche aristoteliche e stoiche, ovvero la storia dei diversi modi onde quelle furono interpetrate. La dottrina delle categorie seguì l' istessa fortuna della filosofia. Dopo i grandi sisterni_ di Platone, di Aristotele e degli· stoici, la scienza si versò nei commenti e nella foterpetrazione di quelle dottrine senza nulla aggiungere che fosse veramente grandioso." (pp. 53-54)

    (...)

    "Il secondo libro perciò verserà intorno alla storia delle categorie di Aristotele, esponendo non solo il vario modo onde fu interpetrata ognuna delle dieci categorie, ma soprattutto il valore di quelle. In esso poco o. nulla di nuovo abbiamo ad osservare; poichè, tranne le categorie di Plotino, di Erigena, e di Lullo in cui si trova qualche idea diversa da Aristotele, il resto non contiene altro che un cumulo di commenti

    inutili e di nessuno interesse. Bisogna aspettare sino ai tempi del Cusano, del Bruno e del Campanella per avere qualche cosa di notabile nella scienza delle categorie. Questi filosofi però sono i profeti detla filosofia. moderna e fanno quasi parte più del terzo che del secondo libro." (pp. 55-56)

  24. Raspa, Vincenzo. 2020. "Categorie e linguaggio. Trendelenburg interprete di Aristotele." Paradigmi:293-335.

    Abstract "Trendelenburg’s essay De Aristotelis categoriis is presented for the first time in Italian translation.[*]

    It exposes the famous theses concerning the derivation of the Aristotelian categories from the analysis of the proposition and their correspondence with the parts of speech.

    While highlighting the connection of the Aristotelian categories with the spoken language, at the same time it points out that Aristotle’s primary interest was in the nature of things and concepts. The introduction, through a biographical draft, sketches Trendelenburg’s cultural formation; subsequently, it presents an analysis of De Aristotelis categoriis; finally, it discusses the reception of Trendelenburg’s interpretation in the nineteenth and twentieth centuries. In addition to the criticisms of scholars like Heinrich Ritter, Eduard Zeller, Hermann Bonitz, Carl Prantl, Franz Brentano and Otto Apelt, it examines the affinities between Trendelenburg’s concept and those of two front-ranking linguists, Émile Benveniste and Louis Hjelmslev. The bibliography contains all the works cited in Trendelenburg’s essay and those related to it."

    [*] Traduzione di De Aristotelis categoriis a cura di Valentina Basili, pp. 313-330.

  25. ———. 2020. Origine e significato delle categorie di Aristotele. Il dibattito nell'Ottocento. Macerata: Quodlibet.

    "Il presente volume verte su un singolo capitolo, breve ma significativo, della storia delle interpretazioni dei testi di Aristotele. Esso non vuole però essere solo un lavoro storiografico e, quindi, offrire uno sguardo complessivo sulla produzione filosofica e filologica che in un determinato periodo storico, precisamente nel xix secolo nei paesi di lingua tedesca, ha interessato la teoria delle categorie di Aristotele.

    Intende, invece, offrire uno strumento interpretativo utile per la comprensione di tale teoria e, allo stesso tempo, dare uno specifico contributo a una storia dei concetti filosofici. Il xix secolo non ha senz’altro esaurito il discorso sulla dottrina delle categorie di Aristotele, un discorso che è proseguito, proprio perché le interpretazioni date allora non sono apparse decisive, anche se non pochi risultati sono stati acquisiti; ma ha offerto al secolo successivo una scelta accurata del materiale su cui lavorare, nuove piste da esplorare, intuizioni da approfondire. Intraprendendo il tentativo di dipanare il groviglio di fili che, intrecciati, costituiscono il dibattito ottocentesco sulle categorie di Aristotele, questo piccolo volume intende, a sua volta, offrire un commento." (pp. 18-19)

  26. Raspa, Venanzio. 2020. "L’interpretazione logico-semantica delle categorie di Aristotele. Otto Apelt e il dibattito nell’Ottocento." In Otto Apelt. La dottrina delle categorie di Aristotele, 11-81. Macerata: Qudlibet.

    "Il saggio di Otto Apelt (1845-1932) Die Kategorieenlehre des Aristoteles [La dottrina delle categorie di Aristotele] fu pubblicato nel 1891 all’interno di una raccolta di testi dell’autore intitolata Beiträge zur Geschichte der griechischen Philosophie [Contributi alla storia della filosofia greca]. Con esso Apelt prendeva posizione all’interno di un dibattito sulla dottrina delle categorie di Aristotele che aveva attraversato la filosofia di lingua tedesca per gran parte del xix secolo.

    Il saggio rappresenta il punto più maturo di tale dibattito e si pone quasi a suo suggello. Alla rigorosa analisi testuale e alla profonda conoscenza degli scritti aristotelici, Apelt unisce una tesi interpretativa forte, per mezzo della quale ci introduce con sapienza filologica e acume filosofico nella teoria delle categorie di Aristotele." (p. 11)

  27. Reale, Giovanni. 1957. "Filo conduttore grammaticale e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie aristoteliche." Rivista di Filosofia Neo-Scolastica no. 49:423-458.

    Edizione riveduta col titolo: Filo conduttore grammaticale, filo conduttore logico e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie aristoteliche e significati polivalenti di esse su fondamenti ontologici, in: Adolf Trendelenburg, La dottrina delle categorie in Aristotele, Milano: Vita e Pensiero, 1994, pp. 17-70.

    "Conclusioni riassuntive sulla tesi di Trendelenburg

    Possiamo fissare la tesi di Trendelenburg nei seguenti punti:

    l) Le categorie sono state scoperte grazie ad osservazioni di indole linguistico-grammaticale, precisamente, in base all'analisi e alla scomposizione della proposizione semplice.

    2) Le considerazioni grammaticali non chiariscono invece l'articolazione delle categorie in dieci concetti, nel senso che non chiariscono come esse non possano essere più o meno quanto al numero.

    3) Inoltre, il filo conduttore grammaticale non guida la deduzione dei «modi» di ogni singola categoria, i quali non si articolano da una unità di pensiero, ma sono semplicemente posti l'uno accanto all'altro.

    4) Infine, il punto di vista grammaticale non guida la determinazione della successione, la Reihenfolge, la quale si chiarisce, invece, in funzione deL criterio antologico di: ciò che è primo per natura

    (πρότερον τή φύσει).

    Se grammaticale è l'origine delle categorie, nell'ambio della grammatica esse non esauriscono il loro valore: «lta Aristateles categoriarum genera ex grammaticis fere orationis rationibus invenisse videtur, inventas autem ita pertractavit, ut, relicta origine, ipsam notionum et rerum naturam spectarent»(50).

    La valenza antologica delle categorie non viene, in generale, misconosciuta, ma è ben lungi dall'essere ritenuta definitoria; sull'aspetto logico Trendelenburg fa leva nel precisare la natura delle categorie; le categorie sono «logische Kategorien»: precisamente, sono i sommi generi della predicazione (summa praedicationis genera)(51), sono i predicati più universali (die allgemeinsten Prédicate)(52), dunque, figure della logica." (pp. 32-33)

    (50) Trendelenburg, Elementa..., p. 57.

    (51) Trendelenburg, Elementa..., p. 56.

    (52) Trendelenburg, La dottrina.,., infra, p. 98.

  28. ———. 1995. "Significato e importanza del saggio di Hermann Bonitz “Sulle categorie di Aristotele”." In Hermann Bonitz. Sulle categorie di Aristotele, 11-31. Milano: Vita e Pensiero.

    "Bonitz ha scritto questo saggio che presento nel 1853, come ho già detto, proprio in polemica con Trendelenburg, rilanciando in modo massiccio la prima delle tesi sopra elencate (le categorie come figure dell’essere), cercando di darle una ben precisa coerenza e consistenza.

    (...)

    In questo saggio sulle categorie, Bonitz, seguendo un criterio metodologicamente assai corretto, non parte dalla discussione della tesi di Trendelenburg, che intende confutare, ma fa questo nella seconda parte, dopo aver stabilito, mediante una accurata analisi dei testi, quale sia il vero e proprio significato delle categorie e quale sia stata la via percorsa da Aristotele per stabilire la tavola di esse.

    (...)

    Ecco, allora, le due domande di fondo che Bonitz si pone: in primo luogo, bisogna stabilire quale sia oggettivamente il significato che le categorie di Aristotele assumono nei suoi testi; in secondo luogo, bisogna cercare di stabilire quale sia stata la via percorsa da Aristotele per giungere alla scoperta delle categorie.

    Per rispondere in maniera metodologicamente corretta a tali domande, dal momento che Aristotele non presenta nei suoi scritti una precisa definizione del concetto di «categoria», Bonitz nella prima parte del suo saggio8 inizia con l’esame dettagliato di alcuni passi-chiave nei quali Aristotele nel discutere problemi di vario genere fa uso del concetto di «categoria», per giungere a una serie di chiarificazioni intorno a tutti i termini usati dallo Stagirita in connessione con tale concetto.

    Nella seconda parte del saggio(9), Bonitz cerca di ripercorrere, come ho già detto, quella via seguendo la quale Aristotele è pervenuto alla dottrina delle categorie, ed è proprio nel corso di questa parte che egli ingaggia una serrata polemica con la tesi di l'rendelenburg." (p. 14)"

    (9) Dal titolo II significato che le categorie assumono per Aristotele, cfr. infra, pp. 9-93.

  29. ———. 1995. "Il significato e l’importanza teoretica e storico-ermeneutica del libro di Franz Brentano Sui molteplici significati dell’essere secondo Aristotele e alcune osservazioni critiche di complemento." In Franz Brentano. Sui molteplici significati dell’essere secondo Aristotele, XIII-LXVI. Milano: Vuta e Pensiero.

    "Aristotele non presenta un solo elenco dei vari significati dell’essere, ma su tutti uno emerge in modo preminente: quello illustrato nel settimo capitolo del libro quinto, elenco che fa da schema nel corso del libro sesto, in particolare ai capitoh secondo, terzo e quarto.

    Questo elenco presenta quattro significati:

    1) essere per accidente,

    2) essere come vero e non essere come falso,

    3) essere come categorie,

    4) essere come potenza e come atto.

    Vedremo che più che di quattro significati si tratta, in realtà, di quatto gruppi di significati, così che la molteplicità dei significati dell’essere si infittisce ulteriormente." (p. XV)

    (...)

    "Con la discussione sulle categorie Brentano raggiunge i vertici della propria trattazione e, sotto certi aspetti, ci presenta il meglio che nel secolo scorso sia stato scritto sull’argomento.

    Ancora oggi, queste pagine contengono osservazioni che si impongono come punti di rifermento irrinunciabili.

    Brentano distingue tre posizioni assunte dagli interpreti circa l’essenza e il significato delle categorie(28).

    La prima intende le categorie non come concetti, bensì come strutture o schemi in cui si collocano i vari concetti. Si tratterebbe, in altri termini, di strutture di classificazione che ordinano i diversi concetti, e che quindi non sono semplici predicati, ma si pongono al di sopra di essi. Eduard Zeller, che a questa tesi ha dato un’ampia risonanza con la sua Filosofia dei Greci, scrive: «Le categorie non sono esse stesse, immediatamente, predicati; bensì indicano solo il luogo per certi predicati»(29). Dunque, secondo questa prima interpretazione, esse rappresenterebbero forme di predicazione, più che semplici predicazioni.

    Un secondo gruppo di interpreti ha sostenuto, invece, che le categorie sono veri e propri concetti considerati in rapporto con il giudizio, o meglio parti del giudizio, ossia predicati, e precisa-mente i predicati più universali. Come esempio emergente Brentano cita Adolf Trendelenburg, il quale afferma: «Le categorie appaiono pertanto come i concetti universali sotto i quali cadono i predicati della proposizione sempEce [...]. Le categorie sono i predicati più universali»(30).

    Un terzo gruppo di interpreti ritiene invece che le categorie siano concetti reali. Hermann Bonitz, per esempio, ha dimostrato che le categorie aristoteliche indicano «i diversi significati in cui noi esprimiamo il concetto di essere»; esse sono «i supremi generi dell’essere»31.

    Brentano è convinto che la terza interpretazione sia quella preferibile, ma riconosce anche alle altre due «elementi fondati che ci sembrano del tutto compatibili con la terza»(32.)

    (28) Infra, pp. 91 ss., § 1.

    (29) E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung, II 2, p. 189 n. 1.

    (30) A. Trendelenburg, Geschichte der Kategorienlehre, parte I Die Kategorienlehre des Aristoteles, Berlin, 1846, p. 20 [La dottrina delle categorie in Aristotele. Con in appendice la prolusione accademica del 1833 “De A ristotelis categoriis”, Prefazione e saggio introduttivo di G. Reale. Traduzione e saggio integrativo di V. Cicero, Vita e Pensiero, Milano 1994, pp. 98 s.].

    (31) H. Bonitz, Über die Kategorien des Aristoteles, «Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaften in Wien. Philos.-hist. Klasse», Bd. X, Heft 5. (1853), pp. 623, 622 [Sulle categorie di Aristotele, Prefazione, introduzione, progettazione e impostazione editoriale di G. Reale. Traduzione del testo tedesco e indici di V. Cicero, Vita e Pensiero, Milano 1995, pp. 93, 92],

    (32) Infra, p. 97.

  30. Rini, Enrico. 2010. "L'analisi aristotelica dei relativi." Rivista di Storia della Filosofia no. 65:623-656.

    Abstract: "This article discusses the ontological status of the parts of substances in Aristotle's theory of categories. Since in this theory the substantial parts, as well as the wholes, are primary subjects of predication, i.e. substances, a part may be to its whole as Socrates is to Callias so that the mereological composition of substances can be regarded as an accident (a relation). It is argued here

    that in Cat. 7 Aristotle is trying to rule out this possibility by redefining the boundaries of the category of relatives itself. Starting from the framework of the Academic debate and then following closely the text of Cat. 7, the author provides a detailed reconstruction of Aristotle's argument in order to establish the reason for which the parts of substances hold such an uncertain status. Furthermore, he shows that the Categories do not provide a definitive solution to the mereological problem, which has rather to be sought in the Metaphysics. The following results are attained: a moderately systematic component is revealed in Aristotle's Categories and a mereological element is detected in the very core of his theory of substance."

  31. Sainati, Vittorio. 1968. Storia dell'Organon aristotelico. Firenze: Le Monnier.

    Vol.1: Dai Topici al De interpretatione (1968); vol. 2: L'analitica - Parte I - La crisi epistemologica della Topica (1973).

    Nuova edizione del I volume a cura di Mauro Mariani, Pisa: Edizioni ETS, 2011.

    Ristampa del II volume nella rivista "Teoria" 13, 1993, pp. 1-117.

    Sulle Categorie: Vol. I, Cap. III, Le "Categorie" e la teoria della predicazione, pp. 146-198.

  32. Seminara, Lauretta. 2002. "Aristotele: omonimia e sinonimia." Castelli di Yale no. 5:25-36.

    "Vista l'importanza dell' omonimia nella filosofia aristotelica, è curioso costatare che solo nelle Categorie troviamo una definizione esplicita di enti omonimi e di enti sinonimi; secondo alcuni studiosi, peraltro, la definizione concernente gli enti omonimi non sarebbe per nulla chiara, e si riuscirebbe a capirne il senso solo con l'aiuto di scritti successivi alle Categorie. Oltretutto, tale definizione si trova proprio all'inizio del trattato e Aristotele non ci spiega se e come essa servirà nel seguito di questo. Del resto, vi sono state numerose discussioni, sia tra i commentatori antichi sia tra gli studiosi moderni, di quale sia l'oggetto dell'intero trattato Categorie - parole o enti e di che cosa siano le categorie stesse.

    Fatta questa premessa, vorrei ora esaminare la definizione di enti omonimi e di enti sinonimi data in Categorie 1 con lo scopo di mostrare che, al contrario di quanto molti ritengono, Aristotele, già nelle prime opere - le Categorie sono un'opera concordemente ritenuta dell' Aristotele giovane -, aveva una nozione di omonimia e di sinonimia ben definita." (p. 25)

  33. ———. 2004. "Omonimia e sinonimia in Platone e Speusippo." Elenchos.Rivista di Studi sul Pensiero Antico no. 24:289-320.

  34. Sillitti, Giovanna. 1985. "La concezione del pros ti e il problema degli enti astratti in Aristotele." Elenchos.Rivista di Studi sul Pensiero Antico no. 6:357-377.

  35. Sorbi, Luca. 1999. Aristotele. La logica comparativa. Firenze: Olschki.

    Capitolo quarto: La coordinazione delle categorie, pp. 109-153.

  36. Trendelenburg, Friedrich Adolf. 1994. La dottrina delle categorie in Aristotele. Milano: Vita e Pensiero.

    Traduzione italiana a cura di Giovanni Reale di Aristotle Kategorienlehre, primo saggio di Geschichte der Kategorienlehre, zwei Abhandlungen (1846).

    Saggio introduttivo di Giovanni Reale: Filo conduttore grammaticale, filo conduttore logico e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie aristoteliche e significati prevalenti di esse us fondamenti ontologici (pp. 17-70).

    In appendice: A. Trendelenburg, De Aristotelis categoriis (1833), pp. 375-399. [traduzione italiana di Valentina Basili in appedice al saggio di Venanzio Raspa, Categorie e linguaggio. Trendelenburg interprete di Aristotele, (2020), pp. 313-330].

    "Già nel 1833 [Trendelenburg] pubblicava la sua prolusione accademica dal titolo De Aristotelis categoriis, in cui anticipava la sua tesi, divenuta subito assai celebre, sul «filo conduttore grammaticale» nella deduzione delle categorie aristoteliche.

    Nel 1846 pubblicava la sua Geschichte der Kategorienlehre, contenente due saggi: un primo dal titolo Aristoteles Kategorienlehre e un secondo dal titolo Die Kategorienlehre in der Geschichte der Philosophie. Il primo è senza paragone più denso e originale del secondo. Infatti, il primo è di quasi duecento pagine, mentre il secondo, che va dai Presocratici a Hegel e alle Logische Untersuchungen dell’autore stesso, è di poco più di centosessanta pagine. L’originalità del Trendelenburg si manifesta, comunque, a tutti gli effetti, soprattutto nel primo." (Giovanni Reale, p. 32)

  37. Valore, Paolo. 1999. La categoria di sostanza in Aristotele: Cat. 1 b 25-4 b 19 Milano: CUEM.

  38. Wesoly, Marian. 1984. "Verso un'interpretazione semantica delle categorie di Aristotele." Elenchos.Rivista di Studi sul Pensiero Antico no. 5:103-140.

    Versione originale in tedesco: "Zur semantischen lnterpretation der aristotelischen Kategorien", Symbolae Philologorum Posnaniensium, 6, 1983, pp. 57-72.

  39. Zanatta, Marcello. 1989. "La genesi e il significato dottrinale delle categorie." In Aristotele. Categorie, 5-298. Milano: Rizzoli.

    "Il II maggior assertore della genesi grammaticale delle categorie è stato il Trendelenburg, il quale, sia nella De Aristotelis Categoriis prolusio, Berlin 1833 che — soprattutto — in Historische Beiträge zur Philosophie, Bd. 1, Geschichte der Kategorienlehre, Zwei Abhandlungen: I Aristoteles Kategorienlehre (pp. 1-195); II Die Kategorienlehre in der Geschichte der Philosophie (pp. 196-380), Berlin 1946, dopo aver Indicato la caratteristica precipua delle categorie nell’essere esse i supremi predicati («die Kategorien sind die allgemeine Prädicate»), ne puntualizza la derivazione dalla grammatica nel modo seguente: la categoria della sostanza corrisponde al sostantivo, quelle della quantità e della qualità all’aggettivo (la prima può essere espressa anche dal numerale, la seconda ridà invece le proprietà particolari), la relazione ha un signifieato più ampio di quello che può esprimere l’aggettivo al grado comparativo, ma porta sicuramente in sé le tracce della sua derivazione da questo, il dove e il quando corrispondono agli avverbi di luogo e di tempo, il fare e il patire esprimono la forma attiva e passiva del verbo, il giacere esprime, almeno in parte, la condizione dei verbi intransitivi, l'avere le particolarità del perfetto. Il significato logico delle categorie è stato affermato soprattutto da O. Apelt, Die Kategorienlehre des Aristoteles, in Beiträge zur Geschichte der griechischen Philosophie, Leipzig 1891, pp. 140 sgg., (...)

    Oltre ad un significato linguistico e logico, il Bonitz ha rivendicato alle categorie anche un significato ontologico (cfr. H. Bonitz, Über die Kategorienlehre des Aristoteles, in «Sitzungsberichte der Kaiserlichen Akademie der Wissenschaften», Philosophische-historische Klasse, 10 Band, 5 Heft, Wien 1853, pp. 591-645). Sul valore ontologico delle categorie si sono recentemente espressi, in Italia, G. Reale. Filo conduttore grammaticale e filo conduttore ontologico nella deduzione delle categorie aristoteliche, in «Rivista di filosofia neoscolastica» XLIX (1957), pp. 423-458; L. Lugarini, Il problema delle categorie in Aristotele, in «Acme» VII (1955), pp. 3-107. Una interpretazione semantica delle categorie è stata sostenuta da M. Wesoly, Verso un’interpretazione semantica delle categorie di Aristotele, in «Elenchos» V (1984), pp. 103-140. Va anche segnalato il tentativo di R. Bodéus, Aux origines de la doctrine aristotélicienne des Catégories, in «Revue de Philosophie ancienne» III (1984), pp. 121-137, di individuare ncll'ambito giuridico greco la genesi delle categorie." (pp. 81-82)

  40. ———. 2010. "Omonimia, non-omonimia e sinonimia nell'«argomento dei relativi» del De Ideis " Éndoxa: Series Filosóficas no. 25:13-42.

    Riassunto: "La nozione di «non-omonimia» surruga nel Perì ideon quella di sinonimia, istituita nelle Categorie sulla base della già effettuata critica delle Idee platoniche, in un momento, quale quello della composizione del Perì ideon, in cui Aristotele si accinge a operare detta critica. L’uso, qui, della nozione di sinonimia avrebbe infatti comportato l’introduzione di una nozione non ancora fondata."